La radioattività è un fenomeno che porta i nuclei instabili di alcuni atomi ad emettere radiazioni fino a trasformarsi in nuclei di atomi diversi. Di solito sono soltanto alcuni isotopi dei vari elementi ad essere radioattivi e per questo motivo vengono chiamati radioisotopi.
Il nome di questo fenomeno venne scelto dalla scienziata Marie Currie, nata nel 1867 e morte nel 1934. Assieme al marito Pierre si dedicò allo studio della fisica e della chimica. Verso gli inizi del Novecento, lo scienziato A.H. Becquerel scoprì che l’uranio emetteva radiazioni spontaneamente, in maniera naturale. Inizialmente aveva raccolto alcuni minerali di uranio e voleva provocare la loro fluorescenza su delle lastre alla luce del sole per poterne studiare i raggi X. Dato che pioveva, tenne tutto il materiale in un cassetto; fu così che, quando aprì il cassetto alcuni giorni dopo trovò le lastre ugualmente impressionate e capì che l’uranio emetteva radiazioni senza alcun tipo di intervento. Successivamente Ernest Rutherfod, colui che sviluppò il modello atomico, scoprì che i raggi Becquerel erano in realtà costituiti da diversi tipi di radiazioni oggi chiamati Alpha (α) e Beta (β). Più avanti si scoprirono anche i raggi Gamma (γ).
I coniugi Currie scoprirono che i minerali di uranio contenevano altri elementi radioattivi mai scoperti finora, dato che la radiazione era molto maggiore di quella prevista sulla base del contenuto di uranio. Questi elementi furono chiamati polonio e radio. Un altro chimico, André-Louis Debierne scoprì l’attinio.
Oggi si è scoperta l’identità delle radiazioni Alfa, Beta e Gamma. I primi sono nuclei di elio formati da due protoni e due neutroni e hanno carica elettrica convenzionale +2, le radiazioni β sono, in realtà, elettroni e hanno quindi carica elettrica -1 mentre le radiazioni γ sono fotoni, mediatori della forza elettromagnetica. Queste ultime sono le più pericolose perché possono passare la pelle e danneggiare le cellule degli esseri viventi.
Affinché un isotopo si trasformi in un altro ci vuole molto tempo. Per esprimere la sua velocità di trasformazione si fa riferimento al tempo di dimezzamento, cioè il tempo necessario che serve ad una certa massa di radioisotopo di dimezzarsi. Alcuni nuclei possono impiegarsi ore mentre altri decenni, secoli o migliaia di anni. Più tempo ci vuole per un radioisotopo a dimezzarsi, meno è pericoloso avendo minore radioattività.
Vedi anche: Com’è fatto un atomo
Poniamo il caso di avere 30 g di un elemento radioattivo il cui tempo di dimezzamento è di 10 anni. Fra dieci anni ce ne rimarranno 15 g di questo elemento, mentre fra venti anni ce ne rimarranno 7,5 g.
Inoltre, prima che un isotopo instabile si trasformi in uno stabile potrebbe subire diverse trasformazioni come l’uranio-236 che prima di diventare piombo-206 subisce decine di trasformazioni. La cifra che segue il nome di un elemento indica il numero di massa, cioè la somma dei protoni e dei neutroni. Il numero dei protoni, chiamato numero atomico si può ricavare dalla tavola periodica mentre il numero dei neutroni si può calcolare dalla differenza tra il numero di massa e quello atomico.